Kolahmal o Namadmal (Cappelli in Feltro)
“La lana (pasm), spesso mista con il sottopelo di capra (kolk, kork) è sgrassata con potassio, sciacquata, e, dopo asciugata, pettinata (saneh zadan) su un pettine di lana (samej) o allentata con un arco (kaman zadan). Uno strato circolare di questa lana, chiamata “Racchetta” (angereh), all’incirca due volte la taglia di un cappello finito, è espansa (vaz kardan) con spessore uniforme su un piatto di rame piano (taveh, touveh) il quale è leggermente surriscaldato da un un fuoco a base di carbone. L’artigiano (gazur, qassar, namad-mal) o Kolahmal se è un artigiano di cappelli, irrora questa racchetta con una pesante soluzione saponosa (ab-sabun) contenuta in un vaso di coccio accanto a lui. Mentre la lana e il sapone si riscaldano, pressa le fibre con le mani, prima gentilmente, poi con più forza, prima di rilasciarle di nuovo. Non appena il feltro si comincia a formare, egli pone un tampone piano di cotone nel centro del piatto, approssimativamente della taglia del cappello che si vuole ottenere. In seguito, si pone una altra racchetta di lana battuta, di taglia minore della prima, e gli si ripiega sopra il surplus della più grande sottostante unendo così le due metà (lab gereftan) e le si satura in acqua saponata. Dopo averle strizzate gentilmente per un po’ si pongono su una stoffa di cotone e lo si arrotola. Poi l’artigiano pone questo rotolo di nuovo nel grande piatto precedentemente usato con acqua calda saponata, dove lo rigira avanti e indietro con entrambe le mani ed un piede. Questa faticosa operazione (namad malidan) richiede all’incirca 10-15 minuti, dopo di che l’artigiano srotola il feltro accuratamente, tira il centro del cappello a parte, allarga le aperture (baz cidan), rimuove la stoffa di cotone, e modella le parti aperte in un cerchio (guseh). Di tanto in tanto spinge ilfeltro su un blocco di lana (qaleb zadan), perfeziona i bordi e ripone il tutto nel piatto riscaldato per una ulteriore contrazione (mosth sodan) finchè non ottiene la forma del cappello e la densità richiesta. Se l’artigiano lavora in un piccolo villaggio procede lui stesso a rifinire il materiale grezzo in un cappello di feltro, ma nelle grandi comunità questo compito è lasciato ad uno specialista, il cappellaio! Il suo lavoro verrà descritto nei seguenti paragrafi“
Wulff in effetti descrive come il cappellaio continua in una sezione separata, ma stranamente prima fornisce qualche processo riguardo altri lavori in feltro.
Larghi tappeti di feltro, coperture di tende, mantelli e coperte sono lavorate lungo simili linee ad eccezione che le più larghe racchette di lana sono posizionate sul terreno (ham kardon) e sono contratte con acqua saponata dopo che l’artigiano ci è camminato sopra per ottenere il primo incastro (pasm gereftam). Di solito diverse persone lavorano uno accanto all’altro processando la lana con il loro piedi nudi. Le bacchette compatte sono arrotolate in tele o stuoie di canna (hasir) e poste in lunghi stampi di terracotta sotterrati e riscaldati da sotto. Nel Horasan loro versano acqua bollente sul rotolo. Diversi uomini camminano sul rotolo(puk kasidan) e lo rigirano con i piedi mentre si appoggiano ad una sbarra di legno all’altezza della vita. Per larghi tappeti e coperture di tende il processo richiede ore per ottenere la giusta densità. Alla maggior parte della popolazione nomade piacciono i loro tappeti di feltro con ornamenti colorati (gol). tingono la lana prima di follarla (rang kardan) aprendo il rotolo ed inserendo a volte queste parti colorate a seconda del disegno e degli ornamenti pianificati nel feltro base, spesso con differenti modelli davanti e dietro. Dopo la follatura, sapone e granuli sono lavati via, il feltro è asciugato e reso impermeabile con grasso di animale se sarà utilizzato come copertura nelle tende.